Paolo è una persona educata e sempre ben disposta verso gli altri, conosce la Langa e le sue sfumature come le sue tasche e quando abbiamo la possibilità di andarlo a trovare è sempre un piacere perchè qualche aneddoto viene sempre alla luce.
Uno dei pregi che mi piace riconoscere è che parte sempre da esempi concreti riferiti alla campagna e alla coltivazione quando si parla di vino per arrivare a spiegare il perchè delle cose e da li poi si parte per ragionamenti a più ampio braccio.
Un esempio? Il rispetto dei terreni e della resa che possono e devono dare è imperativo, forzare la crescita ed il ciclo vegetativo declinando questo principio è come se una persona decidesse di crescere con un corpo nella norma e le braccia di un gigante, sproporzionate e che creano problemi, a tendere significa avere terreni che dopati danno uve rigogliose ma dopo qualche anno sono da ripiantare con terreni che non riescono a gestire l’eccesso di alcuni prodotti.
Uno dei leitmotiv del suo fare vino è che il suo desiderio è quello di far assaggiare Barbaresco a tutti (e soprattutto a quelli della sua generazione), cercando di fare una politica di prezzo il più calmierata possibile rispetto all’esplosione verticale degli stessi in zona.
Il lavoro è sempre improntato al massimo della qualità ed al rispetto verso i clienti: il suo Nebbiolo è un declassamento del Barbaresco dato che le viti sono giovani e sul mercato esce con un vino che costa la metà ma che mostra già il potenziale del cru Roccalini sul quale crescono tutte le viti di Nebbiolo.
Il Barbaresco è un blend di viti giovani( ma non troppo dato che finiscono nel nebbiolo) e vecchie mentre la riserva che ha iniziato a sperimentare con l’annata 2011 è un vino ad oggi presente in poche annate (2011 e 2013), ed in poche bottiglie in quanto ottenuto dalle viti più vecchie e questo significherebbe sbilanciare il Barbaresco con una percentuale troppo alta di viti giovani quindi ne vengono prodotte poche bottiglie e solo in grandi annate dove anche le viti più giovani hanno un prodotto di qualità superiore che non fa perdere lo standard richiesto.
I suoi vini rappresentano il territorio al suo meglio ed è una delle manifestazioni dove estrema qualità va di pari passo con efficienza e costi sostenibili. Vini che non hanno paura a riposare in cantina per molti anni ma che ogni tanto vale la pena stappare per sentirne l’evoluzione.
I vini di Cascina Roccalini
– Il Langhe Nebbiolo 2018 al naso mostra fiori e fruttini rossi molto piacevoli ma rispetto ad una recente bevuta (20 giorni prima), risulta leggermente meno equilibrato, con un tannino più vivace e meno integrato dall’alcol che in sè non è un male e nel complesso al palato leggermente più asprino e pungente ma siamo certi sia una fase dato che il vino è estremamente giovane e questa ne è la dimostrazione. Vino che per la prima parte di vita sta in cemento e poi affina in acciaio.
– Il barbaresco 2016 che assaggiamo successivamente è un vino di razza, uve ottime, annata molto promettente, cosa volere di più….al naso frutti e fiori si alternano con accenni lievissimi di terra, in bocca ha forza ed equilibrio con un tannino ben presente ma mai fuori dalle righe sebbene molto giovane ed in un amen la bottiglia è finita… Vino che svolge macerazione e fermentazione in cemento ed affina in botte grande
Cosa Scegliere
Tutto e togliamoci lo sfizio quando esce la riserva di prendere pure quella prima che finisca…..